Il mio lavoro è un luogo della mente, fatto di linee e spazi strettamente connessi tra loro, una topografia emozionale dove immergersi e percorre canali, reti, strade, quartieri, centri abitati e giardini, spinti da un flusso invisibile.

L' opera per il Contest creativo MILANO CITTÀ MONDO, che ho deciso di presentare parte dall’immagine interna che ho di Milano, che ho percepito come una città sull’acqua.


B – TEMA DEL CONCORSO

Il Tema del Concorso è uguale per entrambe le Categorie: MILANO CITTA’ MONDO, ovvero: come presentereste creativamente la Città di Milano ai visitatori che verranno da tutto il mondo in occasione di Expo 2015? Quali i luoghi, le peculiarità, le suggestioni, le esperienze che la rendono città fortemente interconnessa con il mondo?


“La città è fatta dalle persone e per le

persone, una città intelligente offre condizione ottimali di benessere”.

Credo che è

nell’ambiente dove si svolge la vita che si realizza la felicità

dell’individuo, l’arte e il paesaggio sostenibili contribuiscono al

raggiungimento di un benessere comunitario globale godibile da ogni individuo.

Le persone, attraverso le esperienze positive o negative e l'ambiente

circostante creano la loro vita; tra le esperienze di ogni individuo c’è il

confronto con il dolore fisico e la precarietà della vita. Penso che oggi il

confronto con la precarietà del corpo sia sempre più difficile soprattutto ora

che siamo immersi nella tecnica e non c’è un confine tra naturale e

artificiale; attualmente la morte è divenuta un tabù e siamo angosciati dal

confronto con il dolore, la sofferenza, i patimenti e la malattia. Nel mio

lavoro sono questi argomenti che costituiscono il tema centrale delle mie opere

perche penso che affrontare queste tematiche contribuisca in modo determinante

nella crescita dell'individuo e nella sua felicità; in tal senso le mie opere

sono un modo per trovare coraggio ed una reazione per non svuotare la vita, che

è sempre una cosa grandiosa. Nelle mie opere scrivo e disegno fino a creare una

metapittura, mettendo in atto un processo dove elaboro, annodo e intreccio

immagini complesse che esistono prima nella mia mente insieme a

concetti-pensieri, il risultato è un’opera d’arte visiva che talvolta paragono

a un sistema di reti, canali, mappature o cartografie interiori-invisibili.

Solares Alejandrina

I materassi di Kuitca

“Topografia per i sogni”

Guillermo Kuitca è un’artista argentino, nato a Buenos Aires

nel 1961, la prima mostra la fece a soli 13 anni nella Galleria Lirolay

di Buenos Aires, poi nel 2007

rappresento l’Argentina alla Biennale di Venezia.

Nel lavoro di Kuitca si trovano temi

ricorrenti come il viaggio, le mappe,

la memoria e la migrazione. I soggetti

che troviamo rappresentati nelle sue opere sono gli spazi come teatri, mappe,

diagrammi e progetti architettonici.

La sua produzione più importante è soprattutto

pittorica. Le sue opere comprendono: dipinti, disegni e installazioni. Kuitca è

noto soprattutto per il suo uso delle mappe (in particolare per le sue trascrizioni di

topografia su materassi).

L’installazione

di Guillermo Kuitca “Untitled” ha il carattere di una scenografia. Su venti posti letto a misura di bambino

l’artista ha dipinto mappe stradali

d'Europa. I materassi sono punteggiati da bottoni posizionati

irregolarmente, hanno la funzione di segnalatori per le

principali città. I nomi dei luoghi possono essere letti dallo spettatore ma

Kuitca non era

interessato alle posizioni specifiche dei luoghi rappresentati nelle mappe. L’artista scelse i

luoghi proprio perché non avevano particolare

significato personale per lui.

Le opere di Kuitca nascono dalle sue

sperimentazione su vedute aeree di planimetrie. Nel suo lavoro spazi pubblici e

privati sono fusi, nonostante la natura frammentaria

della cartografia.

Kuitca nel suo lavoro utilizza e trasferisce le

mappe, perché le piace il modo in cui occupano uno spazio e la loro qualità di

essere a metà strada tra l'astratto e il figurativo, come lui steso ha

dichiarato intervistato da Mari Carmen

Ramírez:

“Credo che il letto è venuto a me come

una sorta di miracolo. Si estende ad una gamma completa di esperienze umane: la morte, la nascita, i sogni, il

sesso ... La quantità di tempo che passiamo a letto … Ho trovato che il letto è l'oggetto più vicino al corpo... I progetti che

seguirono iniziarono con un

semplice letto”. (…) “è iniziato con il letto, poi vedendo

il letto in una

stanza, la stanza in un appartamento, l'appartamento in una città, la

città nel mondo, e così via; era come uno

zoom out.” … In

realtà, ho pensato

soprattutto alle mappe come a un dispositivo

per perdersi e non

per trovare la strada. … ho trovato interessante rappresentare una sorta di incubo

in cui non importa quale strada avete deciso di prendere,

sempre se arriva nello

stesso posto che avete appena lasciato.(…) Non

importa cosa farò dove andrò morirò comunque…”.

Kuitca usa l'immagine di una mappa per

"perdersi ... non per orientarsi”.

Nel lavoro di Kuitca non

ci si trova in un regno astratto, ma sicuramente nemmeno nel regno figurativo, “una mappa o un piano non è un'astrazione o l'immagine

di una figura”.

 

 

Nello opere di Kuitva rimane la possibilità che

i letti di “Untitled” rappresentino un paesaggio da sogno che potrebbe essere letto come la possibilità di

collegare i singoli occupanti dei posti letto.

Kuitca descrive la sua serie di

mappe dipinte con la definizione di “trauma”, e i

lettini, presentati in massa, potrebbero suggerire un ritorno spaventoso di un

ricordo traumatico d’infanzia. Kuitca

stesso commento come la dimensione

ridotta dei letti contribuisca a

questa qualità perturbante, anche quando sono visti da vicino perchè,

la dimensione dei materassi può dare allo spettatore l'impressione leggermente disorientante di essere ancora ad una certa distanza da essi.

La sua attrazione (o l'ostinazione) di

utilizzare la pittura come mezzo per esprimere i nostri dilemmi più complessi

riflette un interesse per la contemporaneità e nella specificità per i limiti

dei sistemi di conoscenza, insieme contro la vastità di ciò che può essere

conosciuto

"(forma, peso edinamiche) per trasferire l'idea artistica sul supporto"...cosa intendiper forma, peso, dinamiche? In che modo 'trasferisci' il tuo corpo nelle tueopere? Inoltre nelle opere precedenti noto anche delle cancellazioni, con l'applicazionedi una specie di nastro adesivo. Concettualmente laserie di opere dal titolo Balloonhandwritting blue sono in relazione con lalunga catena di esperienze che si trovano nella storia dell'arte sotto ladefinizione di “ memento mori". In questi lavori l'artista usa parole esegni, combinati in modo da creare una personale mappatura interiore. L'immagine è sempre caratterizzata da un rigoroso blumonocromatico, frutto di una stratificazione/sovraposizione disegni calligrafi che sono espressione di una topografia interiore-invisibile,l’artista trascrive i suoi pensieri, le sue paure e le sue emozioni nel blu,l’immagine segnica che ne deriva è una mappa mentale, che appare come ungroviglio o un tessuto, una serie di canali / filamenti e reti. Nel lavoro la frase "io morirò " appare conforme ossessive e ripetitive, assumendo la funzione di una "sorta dimeditazione" e, al contempo è una "sorta di anestesia",intensionalmente l’artista ha voluto evocare i graffiti e le iscrizioni, comenelle epigrafi, la frase si distribuisce nel supporto adottando una griglia. L'artista da vita ad un nuovo codice personaleattraverso segni e parole, al centro del quale si trova; il rapporto tra la vita e la morte. Da questo lavoro affiora unascrittura magica che aspira a mettere lo spettatore di fronte all'importanzadel suo essere qui e ora (hic et nunc)". L’artista riflette sullaprecarietà della vita, vede e concepisce lamorte come: " un caso, uguale all’essere nati" ma, purtroppo questa visione nel nostrocontemporaneo è vissuta come un tabù, perché la morte è tenuta separatadalla vita. Solares in"balloonhandwritting blue", si è impegnata a sperimentare diverseforme di espressione, approfondendo lo studio della tecnica e la capacità dicreare una contaminazione incrociata di processi e procedure, l’artistaattraverso questo procedimento crea opere ibride e innovative, cariche dimistero. Il nastro marrone da imballaggio crea unacomposizione, a un valore di linea, linea spaziale che unisce e divide, daavvolte una continuità tra gli spazi, crea possibilità di legami tra spazidiversi (è come se io vedesi dall’alto una cartina di una città e il nastro èla strada). La tecnica pittorica "balloon- hand- writting” nel titolosvella il suo processo, il principio è basato principalmente sull’uso di unpalloncino gonfio ed inchiostrato, la superficie del palloncino è usata comeuna “lastra improvabile”,il procedimento si avvicina all’antica tradizione della stampa ma l’artista hasostituito il torchio con il suo corpo, in modo che la sua presenza fisica è diventata parte dellarealizzazione fisica delle sue opere, usando il corpo (forma, peso edinamiche) per trasferire l'idea artistica, Solares ha definito questa forma“incarnata” o “timbro vivente” e ha dichiarato "La mia volontà era quella di agire all'interno del supportofisico del lavoro: come se fosse colpito/impresso, desideravo che la mia presenza fisicadiventasse parte della realizzazione fisica delle mie opere. Scrivere edisegnare su un palloncino, una superficie improvabile e tondeggiante, mi avvicina a una ideadi mondo, infatti ho sempre pensato che ogni testa è un mondo, quindi è come seogni volta io stessi creando un mondo o esplorando un nuovo mondo, penso chesia per questo che ho sempre pensato a questi lavori come a delle topografieinteriori. Negli anni ho sviluppato un forte interesse per la cartografia, perle mappe e le carte in generale, con queste opere è come se mi dovesseorientare. Trovo interessante che i miei lavori si rendano visibili e fruibili,quando appaiano rovesciati sul supporto, indicando una sorta di impossibilità adefinirsi del tutto, si pongono come un enigma, un rebus, un mistero, ma ognipercorso è minacciato, è per questo che c’è sempre una minaccia di morte”.Il risultatodi questa esperienza pittorica ibrida è da intendersi come metapittura (unmetalinguaggio). Tutte leopere Balloonhandwritting blue hanno caratteristichecomuni: il nastro d’imballaggio, la frase “io morirò”, i groviglio disegni, i colori, il supporto e la lastra d’alluminio.Il colore Blue è parte caratterizzante della poetica di Solares, cheallude alla concettualizzazione e all'uso dei colori per interpretare ecodificare, a livello artistico, la nostra vita interiore ed i suoi misteri.I lavori diSolares sono quasi tutti su tela o su carta, il supporto fisico utilizzato perrealizzare il lavoro formalmente emula un foglio.L’artista sceglie di applicarea tutti i lavori l'assenza di cornici e telai, di utilizzare il tessuto senzaalcuna preparazione, queste caratteristiche sono accoppiate con la produzionedel lavoro in sé: immediata, diretta e fisica (Boby); Quandorealizzo formativamente le mie opere sono coinvolta in maniera totale; unaprima fase del lavoro si svolge ad un livello esecutivo mentale, richiedeconcentrazione cioè di “essere dentro nel lavoro”, in questa fase scrivo edisegno sulla superficie del palloncino. Segue una fase successiva e immediatadi “trasposizione-trasferimento” dell’immagine prodotta attraverso i segni calligrafici,questa è una parte fisica e carnale del lavoro che richiede un livello diversodi coinvolgimento e di tensione, si tratta ora di misurare bene la forzaesercitata cioè la pressione sulsupporto, in quel momento il corpo è attrezzo-strumento assimilabile a untorchio, è fondamentale che il mio peso, le misure e le dinamiche messe in attosiano calibrate nel delicato passaggio tra una superficie tonda ad una piana (siatela o foglio). La superficie che accoglie i segni è uno spazio compositivodove a monte di tutto ci sono già a livello immaginativo strade, mondi inattesa di definizione, il nastro d’imballaggio è traccia di percorsi possibili.Segue una fase di scrittura che va ad interagire con tutta la composizione lafrase “io morirò” si distribuisce sulla superficie assumendo un valore di segnosuperando i limiti linguistici; avvolte intervengo ulteriormente con ulteriorisegni per creare una mappa immaginativa come a voler rimarcare. questoperché desidero avvicinare i fruitore al lavoro aiutandolo a capire.o una mappa. La tela ho deciso fissarla liberamentesu una lastra di alluminio, sulla superficie della lastra intervengo graffiando la superficie, in modoche è traccia di un passaggio, registro di un intervento/di una esistenza. Una prefase preparatoria hapreceduto tutto il lavoro quando scelgo con cura i tessuti, le dimensioni,preparo gli inchiostri, la composizione, queste scelte operative hanno reso ilmio lavoro molto libero e fenomenologico. Balloonhandwritting blue nasce dalla necessità di incontrotra tre lavori che ho realizzato precedentemente, il mio libro d’artista “hoscritto più volte io morirò”, le archi-sculture “Sentinella” corpi inequilibrio precario e l’opera pittorica “Blue mutation action” . Le opere Balloonhandwritting blue sonno partedi un processo aperto “il nastro adesivo tende a scollarsi e noto come le collesi allargano debordino fuori dai suoi confini, lasciano tracie anche di colorein questo caso; gli inchiostri destinati all’a stampa alimentare variano coloree svaniscono;l’alluminio tenda a lasciare una pattina grigia- sporca; cometutto sia in mutazione-vivo ”. Nel miolavoro guardo molto l’opera di Malevic “i planiti”, le sperienze sullascrittura delle avanguardie e dei concettuali. Di SolaresAlejandrina, 2015-02-10



Concettualmente la

serie di opere dal titolo Balloonhandwritting blue sono in relazione con la

lunga catena di esperienze che si trovano nella storia dell'arte sotto la

definizione di “ memento mori".In questi lavori l'artista usa parole e segni,

combinati in modo da creare una personale mappatura interiore.

 

L'immagine è

sempre caratterizzata da un rigoroso blu monocromatico, frutto di una

stratificazione/sovraposizione di segni calligrafi che sono espressione di una

topografia interiore-invisibile, l’artista trascrive i suoi pensieri, le

sue paure e le sue emozioni nel blu, l’immagine segnica che ne deriva è una

mappa mentale, che appare come un groviglio o un tessuto, una serie di canali /

filamenti e reti.

 

Nel lavoro

la frase "io morirò " appare con forme ossessive e ripetitive,

assumendo la funzione di una "sorta di meditazione" e, al contempo è

una "sorta di anestesia", intensionalmente l’artista voleva evocare i

graffiti e le iscrizioni, come nelle epigrafi sia adottando una griglia.

.

L'artista da

vita ad un nuovo codice personale attraverso segni e parole, al centro del

quale si trova; il rapporto tra la vita e la morte. Da questo lavoro affiora

una scrittura magica che aspira a mettere lo spettatore di fronte

all'importanza del suo essere qui e ora (hic et nunc)".

 

Solares in

"balloonhandwritting blue", si è impegnata a sperimentare diverse

forme di espressione, approfondendo lo studio della tecnica e la capacità di

creare una contaminazione incrociata di processi e procedure, l’artista

attraverzo questo procedimento crea opere ibride e innovative, cariche di

mistero.

 

Il nastro marrone

da imballaggio crea una composizione, a un valore di linea, linea spaziale che

unisce e divide, da avvolte una continuità tra gli spazi, crea possibilità di legami

tra spazi diversi (è come se io vedesi dall’alto una cartina di una città e il

nastro è la strada).

 

 

La tecnica pittorica

"balloon- hand- writting” nel titolo svella il suo processo, basato

principalmente sull’uso di un palloncino gonfio ed inchiostrato, questa

superficie è usata come una “lastra improvabile”, il procedimento si avvicina all’antica tradizione

della stampa ma l’artista ha sostituito il torchio con il suo corpo, in modo

che la sua presenza fisica

è diventata parte della realizzazione fisica delle sue opere, usando il

corpo (forma, peso e dinamiche) per trasferire l'idea artistica, Solares ha

definito questa forma “incarnata” o “timbro vivente” e ha dichiarato "La

mia volontà era quella di agire all'interno del supporto fisico del lavoro:

come se fosse colpito/impresso, desideravo che la mia presenza fisica diventasse parte della

realizzazione fisica delle mie opere. Scrivere e disegnare su un

palloncino, presa come una superficie improvabile e tondeggiante, mi avvicini a una idea

di mondo, infatti ho sempre pensato che ogni testa è un mondo, quindi è come se

ogni volta io stessi creando un mondo o esplorando un nuovo mondo, penso che

sia per questo che ho sempre pensato a questi lavori come a delle topografie interiori.

Negli anni ho sviluppato un forte interesse per la cartografia, per le mappe e

le carte in generale, con queste opere è come se mi dovesse orientare. Trovo

interessante che in realtà i miei lavori sono visibili e fruibili, appaiano

rovesciati indicando una sorta di impossibilità a definirsi del tutto, si pongono

come un enigma, un rebus, un mistero, ma ogni percorso è minacciato, è per

questo che c’è sempre una minaccia di morte”.

 

I lavori di

Solares sono quasi tutti su tela o su carta, la scelta fatta è di applicare a

tutti i lavori l'assenza di cornici e telai, di utilizzare il tessuto senza

alcuna preparazione, queste caratteristiche sono accoppiate con la produzione

del lavoro in sé: iimmediata, diretta e fisica (Boby);

 

 

 

Tutte queste

opere hanno caratteristiche comuni: il nastro d’imballaggio, la frase “io

morirò”, i groviglio di segni, i colori, il supporto e la lastra d’alluminio.

 

 

Perché lo

definisce una cartografia …………..

 

 

 

 

una caccia

al tesoro oppure forze servono per

trovare qualcosa.

poi sono

sempre stata affascinata dalle carte, in maniera rapida creando un groviglio di

simboli che appariranno al rovescio una sul supporto lei stessa

Sono certa

che attraverso questo modus operandi ho creato uno speciale e

riconoscibile segno pittorico che si sviluppa attraverso un rigoroso blu. Il

risultato di questa esperienza pittorica ibrida è da intendersi come

metapittura (un metalinguaggio)".

 

 

 

 

 

 

costanti e il

Il colore

Blue è una precisa scelta; parte caratterizzante della poetica di Solares, che

allude alla concettualizzazione e all'uso dei colori per interpretare e

codificare, a livello artistico, la nostra vita interiore ed i suoi misteri.

 

Un'altra

caratteristica del lavoro di Solares è il supporto fisico utilizzato per

realizzare il lavoro; questo supporto formalmente emula un foglio.

Le sue opere

hanno un altra caratteristica.

 

In generale

le opere di Solares sono concepire per essere arrotolate o piegate, molto

facile da mettere dentro una valigia: molto vicino alla nostra vita quotidiana,

facilitando l'esportazione per raggiungere le mostre d'arte. In realtà un

artista, con le sue opere in una valigia, può raggiungere la sua destinazione e

appena arrivato è pronto per esporre le sue opere; e poi di nuovo, dopo un po

',

 

di Solares

Alejandrina Josefina

2013-2014-2015

 

 

. L’artista riflette sulla precarietà della vita, vede

e concepisce la morte come: " un caso, uguale ad essere nati" ma,

purtroppo questa visione nel nostro contemporaneo è visuto come un tabù.

Precipitazioni, è un'indagine degli Stati tenue e mutevole,

come è esplorato da artisti Mitya Chrikov, Mateus Chorobski, Paul Darius, Klaas

Hubner, David Medalla, Adam Nankervis e Igor Omulecki.

 Articolo di Solares Alejandrina pubblicato nel Wall Street International Magazine


http://wsimag.com/it/arte/11545-il-nostro-tegumento-come-tela

 

Il nostro tegumento come tela

Prima parte. La pelle come spazio di comunicazione

Zhang Huan, Family tree, cm 700 x 897

Sul nostro corpo è scritta la nostra storia e quella del corpo sociale, quella storica che fingiamo non ci appartenga.
(Virus art, a cura di Francesca Alfano Miglietti, FAM, Skira)

Il nostro tegumento è uno spazio di comunicazione, una tela/un foglio per dipingere/ scrivere. Utilizzare la pelle del corpo come veicolo di segni e d’immagini è un fenomeno diffuso, che ha la funzione di animare un corpo rinviando “oltre” se stesso.

Inizia nel Rinascimento nell’arte visiva, l’attenzione all’identità intesa anche come corpo dell’autore, l’artista svela le sue sembianze e si propone sia come pensatore che come guida, non più solo come “esecutore”. In seguito, nell’ottocento gli artisti si rappresentano nelle opere come metafora della condizione umana. Nel novecento si passa dalla rappresentazione del corpo alla manipolazione diretta del corpo, gli artisti iniziano a valicare il confine del corpo. Per esempio l’artista Man Ray nel 1943 in un fotoritratto si ritrae con un senso di doppiezza, l’immagine presenta metà del volto coperto di barba e di baffi mentre l’altra metà è glabra.

Nel novecento raggiunge l’apice il processo di valorizzazione dell’io iniziato secoli fa da diversi filosofi, c’è un forte sviluppo della psicoanalisi, inoltre s’innesca un processo di liberazione senza precedenti della nostra fisicità, il primo passo fu dettato da diversi cambiamenti in atto nella quotidianità come l’abbandono di accessori che limitavano i movimenti (il busto per le donne) e un atteggiamento più rilassato nei rapporti (grazie all’invenzione della pillola anticoncezionale), c’è l’invenzione di un corpo unisex, e il corpo femminile non alluderà più solo alla fertilità. Questa premessa in parte spiega come le persone sono state messe di fronte all’esigenza di ridefinire gli equilibri, ristabilire i limiti, abolire o no vecchie consuetudini. L’arte nel suo ruolo di commentatrice e anticipatrice si focalizza sul problema di una nuova provabile identità.

Nel campo dell’arte l’uso del corpo dell’artista o dello spettatore assume il ruolo di protagonista. Nel novecento viene associata la pittura alla fisicità come per esempio nel dripping seguendo il cammino intrapreso dalle precedentemente esperienze surrealiste di scrittura automatica, impiegate con l’intensione di far emergere l’inconscio. L’arte agli inizi degli anni Sessanta permette di usare il proprio corpo come strumento per dipingere senza bisogno della mediazione di oggetti, la pelle funge da superficie dove tracciare forme e parole.

Il gruppo Gutai spinse la gestualità all’estremo, gli artisti aderenti ebbero l’intuizione che il gesto poteva andare oltre i limiti del quadro e con le loro opere sono stati anticipatori degli happening. Tra gli esponenti del gruppo l’artista Kazuo Shiraga aggrappato a una corda, dipingeva con i piedi oscillando qua e là su una grande tela stessa a terra. Altra artista vicina al gruppo Gutai e a Fluxus, Shigeko Kubota, nel 1965 durante una performance dipinse la tela Vagina painting, usando un pennello che teneva stretto e muoveva con la vulva.

Naum June Paik nel 1962 usò i suoi capelli come un pennello e dipinse strisciando su un lungo rotolo di carta disteso a terra, intingendo la testa in una bacinella contenente del colore misto a salsa di pomodoro. Su queste orme l’artista Janine Antoni ha dipinto con i suoi capelli, assimilandoli alle setole morbide dei “pennelli”, nell’opera dal titolo Loving care, l’Antoni dipinse di nero un pavimento con un colorante per capelli. Nel 1961 Piero Manzoni firmò il corpo di donne svestite trasformandole in sculture viventi, ma firmò anche il corpo del presentatore Mike Buongiorno, di Mario Schifano e quello di Umberto Ecco, ecc..., rilasciando certificati di autenticità, con questo gesto l’artista rinnovò il concetto di statua.

Piero Manzoni usò anche le sue impronte digitali. Il guscio delle Uova con impronta, l’opera rimanda simbolicamente alla pelle, dura ma anche fragile. L’artista stampò la impronta digitale del suo pollice, su delle uova sode, le uova erano “come se fossero state impregnate di sé”, poi invitò le persone a mangiarle. Yves Klein trasformava le sue modelle in “timbro vivente”, usava il corpo femminile spalmato di pigmento blu nelle zone associate alla generazione, riportando con il contatto le loro forme. Le impronte che ne ricavava su tele, carte e tessuti vari le chiamava Sudari, sacro e profano del corpo si mischiano, ma il titolo di queste opere è Antropometrie, e risalgono al 1960.

Nel 1970 Vito Acconci realizza la performance Trademarks, l’artista si è morso ovunque la sua bocca fosse in grado di arrivare “timbrandosi la pelle con i suoi denti”. Il corpo e la corporeità sono oggetto dell’arte. In queste opere il corpo assume l’aspetto di uno strumento come un pennello, un timbro, il corpo diviene veicolo di messaggi diversi anche quando il segno sulla pelle è destinato a scomparire, l’impermanenza non toglie efficacia al gesto dell’artista ne le limita la durata. Penso che andrebbe indagato che cosa è scrittura e che cosa non lo è. Oggi estremizzando, possiamo dire che la produzione artistica sembra aver acquisito un carattere immateriale, fatto più di comunicazione, di simboli e di brand che di oggetti.

L’arte subisce nel corso dell’800 e del '900 importanti mutamenti nella sua stessa concessione, riflettendo i grandi cambianti in corso nella società e nel pensiero dell’uomo moderno, l’arte acquista libertà nella rappresentazione, grazie ai movimenti delle avanguardie del novecento. In questo periodo avviene anche “una storia parallela dove la pelle non è più solo da considerare come un contenitore, una protezione individuale o una superficie di contatto erogeno con l’altro, ma recupera e si tramuta in uno spazio sociale”. Con la nascita dell’astrattismo avviene un recupero della parola scritta, si avvia una ricerca sulla calligrafia decorativa (sacra ebraica, islamica) e sul calligramma (giapponese). Recupero perché in occidente nei dipinti medievali, la parola scritta era compartecipe dell’immagine, poi dal 1400 alla fine del 1800 c’è una supremazia della figura umana, del paesaggio e di altre forme di realismo.

Già nel 1912 Picasso e Braque inseriscono ritagli di giornali nelle loro opere, con i collage notiamo un amore per i frammenti di parole cioè per il senso estetico insito nello scrivere, gli artisti non ricercavano espressioni di senso compiuto, ed era nata una rinnovata attenzione per il rapporto tra l’immagine/parola, una scrittura adottata nell’opera in quanto “bella”. In questo periodo c’è una evoluzione e fiorisce la ricerca tipografica, successivamente ricordiamo come in ambito Bahaus Paul Klee si esercitava in acquarelli composti solo di lettere.

Nel dopoguerra, con l’informale e l’espressionismo astratto americano, non è più la bella grafia a interessare, ma troviamo anche lo scarabocchio. Penso che lo scarabocchio sia anche da vedere come un'espressione corporale oltre che come inconscio e automatismo. In diversi modi il corpo può essere il medium della scrittura. Con l’arte concettuale (nata negli anni sessanta del novecento) la parola è intesa come immagine, cioè è trasformata in immagine, disegnare/scrivere coincidono. Joseph Beuys, importante esponente dell’arte concettuale, durante le sue lezioni riempiva le lavagne con scritte, le sue lezioni sono da intendere come performance. Bruce Nauman alla fine degli anni sessanta del novecento in un misterioso gioco linguistico, nel suo studio dopo aver preparato in cucina tartine a forme di lettere dell’alfabeto le mangiò, il titolo dell’opera Eating My Words . In diversi modi il corpo può essere il medium della scrittura. Bruce Nauman nel video Make-up, stende lentamente un pigmento, seguendo ogni piega della pelle.

Esponenti dell’Arte Povera hanno usato il corpo come superficie sulla quale scrivere, nel 1970 Giovanni Anselmo in un suo fotoritratto scrisse sul lato sinistro del collo la frase “lato destro” in questo modo creava confusione, mettendo in crisi la percezione, in un’altra occasione Giovanni Anselmo realizza l’installazione dal titolo Particolare, consiste di otto proiettori distribuiti nei quattro angoli della stanza, ognuno mostra una diapositiva in cui è inscritta la parola "particolare", lo spettatore interagisce con il lavoro attraverso il corpo che proiettandosi su di lui rende possibile la realizzazione dell'immagine. Jenny Holzer tra il 1993 e il 1994, inizia a lavorare a una serie di “scritture su corpo”. In queste opere l’artista trattava il tema dei corpi violati e degli stupri di massa nella ex Jugoslavia. L’artista decise di scrivere sui corpi di tre donne messaggi scritti con inchiostro rosso e poi li ha fotografati. “I am awake in place where women die” è una delle scritte tracciate sul corpo. Jenny Holzer dichiarò “volevo presentarlo come una offesa al tatto quale in effetti è. Ecco perché ho scelto la pelle.” …. “è il mio modo di essere esplicita su quel crimine e di riconoscerne l’esistenza.” Le scritte sulla pelle evocavano intenzionalmente i tatuaggi sulla pelle, richiamando i numeri tatuati sulla pelle nei campi di concentramento e i tatuaggi delle prigioni. La serie di fotografie è intitolata Lustmord.

Zhang Huan nell’opera Family Tree del 2000 rende nera l’intera epidermide con ideogrammi che si moltiplicano e si sovrappongono sul suo viso impassibile. La pelle è una tela per dipingere, è un foglio sul quale scrivere. Jean-Luc Nancy, in uno dei suoi scritti sul corpo ci fa notare che la modernità ha imposto di “scrivere non del corpo, ma il corpo stesso” (Nancy, 2004), in questo breve passaggio il filosofo ci fa notare che ci affidiamo al corpo per definire la nostra identità e che stiamo riprendendo da quei popoli che abbiamo a lungo considerato selvaggi e primitivi.

L’arte si focalizza sul problema di una nuova provabile identità, il corpo, la corporeità sono oggetto dell’arte. ll nastro di Moebius, si costruisce in modo semplice, con un mezzo giro torsione è possibile trasformare una striscia di carta in una “superficie dove la nozione di interno e esterno/ dritto e rovescio non hanno più corso ma si ha una sola superficie” , il nastro di Moebius ha un forte valore simbolico, potrebbe essere la metafora di una pelle divenuta sia un luogo di comunicazione con se stessi che, un luogo dove si esteriorizza la propria interiorità, un dentro-fuori. Dagli anni ottanta il corpo è mutato grazie a protesi tecnologiche medicali e non, che hanno abolito i limiti del corpo. Oggi l’urgenza è quella rivolta al tipo di trasformazione alla quale la scienza ci sta portando, grazie alla medicina il corpo appare più forte, longevo e resistente, il corpo umano è mutante perché è perfezionabile ma è anche molto più insicuro e fragile psicologicamente.

Degli artisti citati ho solo accennato ad alcuni lavori, accumunati dalla scelta d’impermanenza, transitorietà e rapida sparizione dell’opera, una caratteristica che si trova spesso nell’opera d’arte. Penso che questa caratteristica sia parte di un messaggio che vuole far riflettere su quanto il corpo sia dominato dal trascorrere del tempo, sul suo essere contenitore che fa vivere ma che impone di soffrire e di morire, nonostante la tecnologia.

La seconda parte sarà leggibile l'8 Novembre.

Immagini correlate
  1. Yves Klein
  2. Zhang Huan, Family tree
  3. Piero Manzoni, Sculture Viventi, 1961, Giuseppe Belloni
  4. Jenny Holzer
  5. Vito Acconci
  6. Giovanni Anselmo, particolare

Articolo di Solares Alejandrina pubblicato nel Wall Street International Magazine

http://wsimag.com/it/arte/11011-immagini-immaginabili

 

Immagini immaginabili

Geografia Corporea

Annette Messager, Pénétration, dettaglio installazione
 

La percezione del mondo si modificò durante il Rinascimento e nei secoli successivi. Prima molto era affidato alle qualità sensibili dell’ambiente umano e al divino, in seguito questa visione sarà sostituita dal pensiero razionale.

Sotto il Portico degli Innocenti a Firenze nasce la modernità, l’architetto Filippo Brunelleschi utilizza la prospettiva a punto unico di fuga: si tratta di un metodo di rappresentazione atto a creare l’illusione di un mondo reale, il trucco della prospettiva funziona se il soggetto rimane immobile. Questo sistema di rappresentazione fu ampliamente applicato nell’arte visiva. Finché il soggetto resterà immobile, il problema dell'identità non esisterà.

Nel portico si pone il problema dello sdoppiamento intellettuale dell’uomo moderno che deve ora decidere a cosa deve credere: alla vista o al tatto. Il soggetto inizia a muoversi e il mondo diviene un insieme di luoghi nello spazio. “Ogni uomo, ogni donna è un luogo, una terra che non si riesce/non riesce mai a scoprir(si) del tutto, ha tanti confini a seconda del corografo che lo/la descrive (corografo è chi descrive zone geografiche particolareggiate)". Ecco perché chi insegue molteplici viste dello spazio per cogliere lo spazio nelle sue infinite forme, spesso insegue le forme del suo territorio sconosciuto”. (Paola Zaccaria, Mappe senza frontiere, cit., p.8).

Lo spazio gravità intorno al corpo

Spesso nelle arti sarà ripresa la metafora della relazione tra il corpo (soprattutto femminile) e la mappatura/geografia; nella letteratura, per esempio, lo scrittore Ngugi wan Thiong’o in una sua opera fa dire al narratore che il Nuovo mondo è una donna. “Con i suoi rilievi, le sue valli, i suoi fiumi, le sue colline, montagne, brusche curvature, salite improvvise, discese a picco, e soprattutto lo zampillio delle fonti segrete della vita …”. (Ngugi wan Thiong’o, Petali di sangue, 1979). Notiamo che c’è una trasformazione del corpo in paesaggio, dove lo spazio è percepito come un corpo femminile. È il corpo a conferire una misura del mondo. Si può rintracciare nella letteratura e nelle arti visive una trama tra il corpo e la cartografia.

Un'importante artista che ha lavorato al corpo come paesaggio è Kathy Prendergast, originaria di Dublino, vive e lavora a Londra. Nella serie di opere dal titolo Body Map (1983), rappresenta il corpo femminile sezionato, nel tentativo di articolare “una geografia personale”. La serie di illustrazioni comprendeva undici disegni su carta, realizzati con una tecnica mista, inchiostro e acquerello. Queste opere nascono da una commistione tra diversi linguaggi scientifici e poetiche visive. L’illustrazione si presenta schematica, tripartita: questa divisione in tre sezioni può essere letta come un riferimento visivo alle tavole dell'Encyclopédie. Prendergast crea una mappa dalle vicinanze topologiche d’incontro tra corpi e territori, con intersezioni tra corpi, lavoro e paesaggio.

Prendergast nella serie Body Map accede al potere trasversale dei corpi intimamente mappati sciogliendo la carne e il paesaggio. Nelle illustrazioni dal titolo To Alter a Landscape (1983), della serie Body Map, sono rappresentate sezioni anatomiche di aree del corpo femminile come il seno, l’addome e il bacino; tutte le parti rappresentate sembrano essere sottoposte a processi automatizzati di controllo del paesaggio, alla manipolazione e all'alterazione. Visivamente il soggetto appare come un paesaggio, caratterizzato da promontori "Vulcano/ Montagna" dai quali si esce dell’acqua, le montagne sono il seno femminile, dalla cima/capezzolo l’acqua “sgorga” pompata attraverso le ghiandole interne.

In un altro progetto dal titolo The Black Map Series, del 2010, Prendergast tenta di creare un atlante emozionale del Mondo. The Black Map Series, nasce da un laborioso processo d’inchiostrazione su tutta la superficie ma dopo un’attenta osservazione è possibile discernere sotto le linee tratteggiate densamente di nero: le strade, i nomi dei luoghi e i dettagli geografici. L’opera vista da lontano, restituisce l’impressione al fruitore, che Prendergast abbia trasformato le mappe in un’affascinante e misteriosa vista di un cielo notturno, le città diventano complicate costellazioni di pianeti e stelle. Nell’oscurità creata l’artista ha lasciando visibili piccoli punti bianchi “di luce” che denotano aree di abitazione.

Le opere della serie Lost, del 1999, hanno la caratteristica di apparire come una normale mappa degli Stati Uniti, ma inaspettatamente si nota che tutti i nomi dei luoghi sono stati rimossi dalla mappa ad eccezione per quelli che iniziano e finiscono con la parola LOST (ad esempio, Lost Creek, Lost Island, e Lost Canyon); queste mappe disorientano lo spettatore, Prendergast ha cancellato la funzionalità della mappa togliendo le informazioni razionali, scientifiche o utili. Prendergast crea un suo riordino del mondo. Recentemente ha commentato: “La mappa è un'espressione del paesaggio, ma al di là di questo, è l'espressione di noi sul paesaggio.”

L’artista di origine francese Annette Messager, si è autodefinita una “pittrice d’amore", nel 1988 scelse come titolo per una sua mostra Map of Tenderness, una dichiarazione e un omaggio nei confronti di Madaleine de Scudéry (La Carte de la Tendre, 1654), una mappa che visualizzava, in forma di paesaggio, il mondo degli affetti. Il disegno Le jardin du tendre (Il giardino delle regioni tenere), è un disegno ma è anche un giardino reale. Viaggiando su questa mappa si parte "dall’albero del silenzio" da dove dipartono vari sentieri: "la curva della tenerezza", "il monte dell’assiduità", "i rami dell’oblio", "il cammino del caso", "la strada delle confidenze", “i fiori della disputa”, "il crocevia dell’ambizione", "i cerchi della fertilità", "il boschetto della solitudine", “l’erba della rottura”, “l’albero della riconciliazione”, "il bivio che riporta a casa", “il lago della tentazione", "il pendio del pene" e "il miraggio di lacrime".

Il gusto per la topografia nelle opere di Annette Messager si ritrova in vari lavori dedicati al corpo umano. L’artista utilizza il corpo, sia l’esterno (la pelle) che l’interno (gli organi), come un libro aperto, dove può descrivere senza fare distinzioni tra l’interno e l'esterno del corpo. L’impressione che abbiamo in alcuni lavori dell’artista è che sta esplorando le nostre viscere e le sue funzioni come se fossero “un labirinto”. In opere come My Trophies (1987), disegna paesaggi su parti del corpo, trasformando i piedi in un’opera assimilabile a manoscritti miniati; l’artista in The Travel Warrant (1995-96); e Anatomy (1995-96), crea un intimo paesaggio cartografico che incontra e si fonde con il disegno anatomico del corpo come le pieghe della pelle.

Un’altra importante artista è Louise Bourgeois che nella serie di dipinti e disegni dal titolo Femme Maison, del 1940, rappresenta attraverso il corpo femminile un viaggio intimo, creando una relazione tra casa, corpo e architettura. Possiamo interpretare queste opere come il tracciato di mappe di spazio vissuto in interni, il corpo è assimilato alla casa, dove la pianta di casa diventa un itinerario di viaggio. Nelle opere l’artista raffigura una serie di donne in una fusione tra l’interiorità del corpo e l’interiorità della propria casa.

In Femme Maison, rappresenta donne con il corpo o la testa sostituiti da una casa o da una qualsiasi forma architettonica; le opere mostrano una rappresentazione di come la casa nell’immaginario femminile sia vissuta come uno spazio ambivalente, al contempo è rifugio ed è luogo di detenzione/reclusione. In Femme Maison, Bougeois disegna un percorso emozionale ricorrendo a una rappresentazione cartografica, il cui modello risale alla Carte du Pays de la Tendre di Madeleine de Scudery: questa relazione è già suggerita da Giuliana Bruno (Atlante delle emozioni, 2009, p. 154-155). Come Madeleine de Scudery anche Louise Bourgeois era di origine francese. Louise Bourgeois si trasferì a New York, dove è sempre vissuta, fu un'insegnante di scultura. Nelle opere dell’artista compaiono concetti come; architettura, scultura, corpo, memoria e spazio simbolico. Bourgeois è scomparsa da poco lasciando molti diari e scritti, una sorta di autobiografia, in uno dei suoi diari incluse una cartina della città in cui è nata, segnando in rosso il percorso dei propri viaggi come se per sessant’anni avesse disegnato una mappa intima.

Nelle arti mi sembra emergano relazioni che propongono una serie di questioni concernenti la possibilità di tessere una trama tra il corpo e la mappa, all’interno di un contesto molto ampio e complesso come quello del sentire contemporaneo, che tenta di rimappare il sé. Si abbozza una “Geografia Corporea” dove non si tratta di fare la geografia di quel che vediamo ma dello spazio oscuro della mente.

Il prossimo appuntamento è per l'8 Ottobre.

 

Articolo di Solares Alejandrina pubblicato nel Wall Street International Magazine

http://wsimag.com/it/arte/10546-mappe-mentali

Mappe mentali

Arte, Rete e cartografia del mondo interiore

Mappa, Alighiero Boetti, 1984

“L’universo è complesso? Tali saranno gli spazi di un edificio. Gli scienziati lavorano sulla teoria del caos? Le articolazioni saranno sghembe, oblique, frattali. Si orecchiano cambiamenti nelle discipline filosofiche? Immagini inquietanti materializzeranno l’assenza di punti di riferimento. Va di moda il pensiero debole o il poststrutturalismo? Si decostruiscono gli spazi come fossero concetti.”
Silenziose avanguardie, Luigi Prestinenza Puglisi- Test&Immagine, Torino, 2001. Pag. 10.

L'umanità prima ha percepito lo spazio e poi lo ha rappresentato. Ogni civiltà ha mostrato la volontà di rappresentare, almeno la parte del mondo nella quale ha svolto la propria storia.

Anche se siamo abituati alle carte geografiche fin da quando cominciamo ad andare a scuola e oggi la tecnologia con l’uso dei media informatici offre ad ogniuno di noi la possibilità di vedere con precisione tutto, anche il più piccolo pezzo di mondo e avere coordinate spazio-temporali precise grazie ai sistemi satellitari e al uso del web. Nonostante ciò ci troviamo nella dificolta di rapresentare il mondo contemporaneo. Nella complessa realtà attuale traspare il predominio del simulacro sulla realta, attualmente la carta geografica è sostituita da spazio e tempo - di fatto confondiamo la carta con il territorio.

Una pretesa illuminista era quella di ridurre la complessità del mondo a una mappa e tutt’ora fatichiamo a scrollarci questa illusione. La mappa perfetta non esiste, perché in realtà non esiste un punto di vista assoluto su cui centrare la mappa, nella sfera terrestre non vi sono limiti né di spazio né di tempo. Il fenomeno della globalizzazione ha accentuato la difficoltà, oggi un pensiero nuovo come quello della Rete offre una inedita chiave di lettura, creando connessioni tra i diversi livelli di realtà.

Il pensiero della “Rete” fatto di connessioni è uno strumento di lettura e interpretazione del mondo, veicola la produzione di una cartografia di spazi físici e mentali in cui ogni osservazione genera una nuova esperienza dello sguardo, una esplorazione che porta ad scoprire luoghi sconosciuti o individuare nuove caratteristiche di un luogo già noto. Un’estensione della “mappa del mondo interiore”, segni e tracie rendono conto che la nostra visione non è una semplice immagine di ciò che si trova fuori di noi, ma viene determinata anche dal nostro “mondo interiore”, dai processi mentali ed emozionali attraverso i quali osserviamo e costruiamo il reale.

Aspetti simili al pensiero della “Rete” lo troviamo nelle “mind maps”, sviluppate negli anni sessanta da Tony Buzan, “le mappe mentali” sono una tecnica dove le parole-chiave si irradiano dal centro alla periferia attraverso una struttura radiale e una logica associazionistica. Queste mappe servono ad organizzare graficamente il proprio pensiero per elaborare nuove idee, creare connessioni tra argomenti diversi, prendere appunti, realizzare report e brainstorming.

Le mappe mentali si basano sulla capacità della mente umana di associare idee e pensieri in maniera non lineare, in queste mappe si crea una geografia personale che si sviluppa in uno spazio multidimensionale, molto simile a quello della rete. Nelle mappe mentali come nelle mappe immaginarie, i pensieri e le emozioni sono rappresentati geograficamente attraverso il movimento nello spazio.

Nella storia molti artisti hanno sovvertito il linguaggio della mappatura: come nel mappa mondo dei surrealisti; nelle mappe mentali, di Lewis Carroll ad Erik Beltran; nei diversi concetti di spazio, in lavori che sono una reazione contestazione-critica al potere come nelle cartografie di: Allighiero Boetti, Thomas Hirschhorn, Francis Alÿs e Marcel Broodthaers. Nelle cartografie corporee di Yves Klein e di Ana Mendieta. Sono in molti gli artisti che hanno indagato aspetti legati alla cartografia come: Richard Hamilton, Mona Hatoum, Saul Steinberg, Damien Hirst, Gilbert & George, Guy Debord, Richard Long, Louise Bourgeois, Matthew Barney, Salvador Dalí, Marcel Duchamp, Matthew Barney, Yoko Ono, Giovanni Anselmo, Christian Boltanski, Anish Kapoor, El Lissitzky, Félix González-Torres, Robert Smithson, On Kawara, William Kentridge, Paul Klee, Gordon Matta-Clark, Hiroshi Sugimoto, Adolf Wölfli, Gerhard Richter, Ed Ruscha, Carolee Schneemann; solo per citarne alcuni.

Nella storia sono state create opere dove l’arte e la cartografia si sono più volte incontrate, dando vita ad ibridazioni e mutamenti della visione. Nel passato pittore e cartografo potevano coincidere ma ora si sono aggiunti parametri scientifici rilevanti: tutto è misurato. In occidente abbiamo riconosciuto il sistema di Tolomeo come l'unico sistema scientificamente valido di trasferire il globo terrestre su un piano, anche se ci sono degli errori, altri popoli avevano adottato altri sistemi.

Di seguito accenno ad alcune opere nate da suggestione cartografica:

Le Mappe Canistris sono un'eccezione della cartografia dell’inizio del Trecento. Opicinus De Canitris era un prete italiano, che proiettava il proprio mondo interiore attraverso la realizzazione di carte geografiche, sulla carta disegnava personaggi appartenenti alla sua vita immaginativa. La serie di mappe s’ispiro a carte nautiche medievali anche se lo scopo di queste mappe era ovviamente non geografica o di navigazione, ma semplicemente un affascinante mezzo per il trasporto di un insieme di idee. Le mappe Canistris sono fantasiose prospettive antropomorfe di geografia, cartografia e religione, Canitris crea uno stile che sarebbe diventato una forma popolare di critica sociale e politica nei XXVII e IXX secolo.

Una mappa che cambiò corso alla cartografia immaginaria e divenne un punto di riferimento è la “Mappa del paese della Tenerezza”, (Carte du Pays de la Tendre) creata da Madaleine de Scudèry e incisa da François Chauveau (1654). Questa è una mappa immaginaria dove è disegnato un percorso emozionale ma come un paesaggio, Questa mappa è anche la visualizzazione intima dello spazio interiore di una donna che assume una forma di topografia, va vista quindi anche come una rappresentazione del corpo che allude all’organo femminile, il paesaggio assomiglia ad un utero e attraverso i fiumi e i mari suggerisce il viaggio dei liquidi corporei femminili. La mappatura di Madaleine è un racconto che viene identificato geograficamente, il punto di partenza del viaggio è in basso a destra dove quattro figure sostano accanto a grandi alberi. Lungo il tragitto si possono scegliere diversi itinerari, che sono la rappresentazione spaziale degli stadi dell’amore. Questa mappa divenne un punto di riferimento per la “nuova mappatura delle emozioni”, creando un vero e proprio genere.

Una carta che esplora i territori del sentire e il tempo fu pubblicata nel 1777. La mappa immaginaria disegnata da Johann Gottlob Immanuel Breitkopf ( Das Reich der Liebe) L'impero dell'Amore, era accompagnarla con un breve testo esplicativo. La mappa rappresenta il percorso possibile dei giovani che partono dalla Terra della Giovinezza, dove si trovano le sorgenti dei fiumi Gioia e Desiderio, per affacciarsi all'età adulta in cui vivranno in uno dei sei paesi rappresentati e descritti (Terra del Risposo, Terra dell'Amore Luttuoso con il deserto della malinconia e il fiume di lacrime, Terra della Perdizione-desiderio al di là si trova la terra di nessuno che contiene le città di separazione e odio, Terra dell'Amore Felice, Terra dell'Apprendimento, Terra delle Ossessioni).

Dieci anni dopo, nel 1787 l’intellettuale francese Luigi Lagrange, da la definizione di carta geografica: è una rappresentazione ridotta, approssimata e simbolica della superficie terrestre o di una parte di essa. Più tardi con le fondamentale coordinate di distanza dall'equatore e dal meridiano, venne danno il sistema di lettura di tutte le carte.

Nel 1917 l’artista russo Kasimir Malevic scrive a Matjusin:

“Mi sono visto nello spazio, nascosto tra punti e fasce colorate; là, tra di essi, sprofondo nell’abisso. Quest’estate mi sono proclamato presidente dello spazio.”

Nell’Opuscolo “suprematista” (1920), Malevic parla di voli interplanetari e di satelliti orbitali sui quali potrà vivere l’umanità. Malevic realizza una serie di disegni (planimetrie) i Planiti e una serie di plastici gli Architectonen si tratta di progetti per architetture immaginarie di abitazioni ed edifici collocati in sospensione nell’aria, atte ad ospitare l’uomo nello spazio. Queste opere sono una testimonianza di una precoce preoccupazione per una umanità sospesa nello spazio, una bella sintesi di fantasia, poesia, fiducia nel futuro e preveggenza sulle possibili applicazioni tecnologiche.

L’arte dalla fine degli anni Sessanta presenta un ampio spettro di trasmutazioni del segno, le idee si evolvono, si ibridano, le forme “mutano”.

Mona Hatoum, “Hot Spot III 2009”. L’opera è un globo in acciaio composto come una griglia, sono riprodotti i continenti, il globo presenta una inclinazione simile all’angolo della Terra, ha la dimensione circa di una persona che ha le braccia tese. I continenti sulla sua superficie sono descritti in neon rosso, la scelta cromatica può suggerire un riferimento ai pericoli del riscaldamento globale ma anche che il mondo intero è un hot-spot politico coinvolto in conflitti e disordini.

Artisti, scrittori, architetti, cineasti e scienziati, esplorano la visione percezione della realtà - paesaggio che gli circonda, si delinea una “cartografia alternativa” che si colloca tra sogni o mondi immaginari, visioni parallele della realtà e stratigrafie del quotidiano.

La cartografía elaborata dagli artisti del ventessimo e ventunesimo secolo pone delle domande sul sistema di rapresentazione. Si pone come un basto campo d’indagine, dal quale nascono “approfondimenti artistici cartografici” che affrontano temi quali: il corpo come strumento di percezione del mondo, lo spazio mentale (dal pensiero ai sogni), lo spazio fisico (ma anche politico, economico, militante), dando vita ad opere realizzate con moltissime tecniche come: il disegno, la realizzazione di teche tridimensionali, il collage fotografico e non, la danza, il video, la scultura, ecc. In altre occasioni la produzione artistica ha indagato e visualizzato sistemi di orientamento nello spazio “oggettivi”, utilizzando come “materiale d’arte” le cartine geografiche di antica e recente data, i sistemi di geolocalizzazione attuali, tutti materiali cartografici, misurabili e comparabili che entrano a far parte delle opere.

Quindi mappa non solo come rappresentazione geografica dello spazio, ma anche come strategia di rappresentazione soggettiva di noi stessi in specifici luoghi, partendo dal nostro situarci nel mondo. Ogni uno di noi possiede un personale approccio al mondo, che incrocia la geografia fisica a quella interiore, che determina il modo in cui ci interroghiamo sul come attraversiamo il nostro spazio.

Fin dalla nascita tutti noi possediamo “carte mentali” perché tutti abbiamo delle rappresentazioni mentali dello spazio, in realtà esiste in ogni persona un paesaggio interiore (come fu definito da Eugenio Montale). Ora questo paesaggio “interiore” è un’immagine indelebile che si è creata dentro di noi, che non deve coincidere necessariamente con “quel luogo” in cui si è nati o si è vissuti ma ovunque ci troveremmo scriveremo o parleremmo sempre della stessa piazza, strada e casa che costituiscono quel paesaggio intimo.

Le cartografie sono state, e sono ancora, ampiamente usate perché sono il modo con cui l'uomo illustra il proprio posizionamento nel mondo in un rapporto tra reale-virtuale, per farlo tiene conto dell'esperienza di vita e delle relazioni con gli altri nel tempo. Creare una mappa è un’esplorazione interiore, un racconto di un viaggio che si concretizza nei ricordi e nei racconti intimi, mettendoci in contatto con i mondi interiori e i paesaggi mentali. La pratica artistica di “Cartografare il presente” è uno dei modi per interpretare la complessità del mondo contemporaneo e un mezzo per l’artista di comunicare il proprio punto di vista su di esso. Una mappa può rappresentare qualsiasi cosa.

Infondo, la mappa è un insieme astratto di segni grafici che non trovano corrispettivo nel mondo reale.

Immagini correlate

  1. Susan Hiller, Group dream map, 1974
  2. Autogeografia, Saul Steinberg, 1966
  3. Newyorker di Saul Steinberg per il numero di aprile del 1976
  4. Il matrimonio di Buster Keaton, Salvador Dali, 1925
  5. Hot Spot III, Mona Hatoum, 2009
  6. Mappa del paese della Tenerezza, Madaleine de Scudèry e François Chauveau, 1654

 

 

 

Articolo di Solares Alejandrina pubblicato nel Wall Street International Magazine

http://wsimag.com/it/arte/10089-sullarte-contemporanea

Sull'arte contemporanea

Quale futuro per l'arte?

“Non c’è altro modo di essere contemporanei che essere qui e ora. Così, insieme alla contemporaneità di ciò che esiste c’è la contemporaneità di ciò che è esistito e continua a vivere”.
(L’arte è contemporanea, Vittorio Sgarbi)

Con l’attuale “rivoluzione mediatica” l’arte si trova potenzialmente ovunque, moltiplicata, replicata, zoomata, digitalizzata è in televisione ed è nella rete, dove viaggia a velocità straordinaria, cambiando anche i valori del consumo artistico.

Il termine “Contemporaneo” si riferisce a un periodo storico e a una nozione filosofica, è un sostantivo e un aggettivo. “Contemporaneo” è “ciò che avviene nello stesso momento”, dichiara un’appartenenza al tempo presente ma esprime una potenzialità, una probabilità che si rivolge verso il futuro. L’arte contemporanea si riferisce a una porzione specifica dell’arte: che non fa più riferimento al concetto di arte tradizionale, è una nozione sfuggente, quando si tenta di spiegare che cos’è si procede per metafore perché legata alla temporalità.

“Che cosa è dunque il tempo? Se nessuno me ne chiede, lo so bene: ma se volessi darne spiegazione a chi me ne chiede, non lo so”.
(Sant’Agostino, Le confessioni, XI, 14 e 18, Bologna, Zanichelli, 1968)

Il tempo del contemporaneo è discontinuo, tutto deve ancora accadere e insieme è già avvenuto. L’artista contemporaneo mette in relazione con altri tempi il proprio tempo, non segue una linea temporale, scava nel passato per giungere nel futuro. L’artista percepisce il proprio tempo attraverso “una non perfetta aderenza con esso ma, proprio attraverso questo scarto e questa discronia, è capace più degli altri di percepire e afferrare il suo tempo. L’artista non vive in un momento diverso da quello degli altri, al contrario, è immerso nel tempo da cui nasce la sua particolare visione della realtà” (come possiamo desumere dal testo di Friedrich Nietzsche le Considerazioni inattuali del 1857).

Genericamente è definita come arte contemporanea tutta l’arte creata o rappresentata dalla fine degli anni sessanta del XX secolo fino a oggi. L’arte contemporanea comprende tutte le tipologie di forme espressive che parlano del nostro presente, per questo motivo ci sono opere d’arte antiche che sono definite contemporanee, queste opere scavalcano la propria epoca e quelle successive, in un continuo esserci. Tutti gli artisti viventi contribuiscono alla produzione di arte contemporanea insieme a critici, curatori, mostre, biennali, istituzioni e mercanti.

Nel novecento Duchamp dimostrava attraverso le sue opere che l’arte è potenzialmente tutto e Joseph Beuys dichiarava che potenzialmente tutti possono fare arte. Nel XXI secolo l’opera d’arte si è spinta a un punto tale da non essere più solo rappresentazione e creazione di qualcosa, può essere anche azione e lavoro sociale (come nell’arte relazionale e l’arte sociale), ecc. Le opere prodotte dall’arte contemporanea spesso danno al fruitore/spettatore l’impressione di non avere nulla a che fare con l’arte, le sue forme sono numerose e molto diverse tra loro, spesso appaiono contraddittorie. In un’esposizione d’arte contemporanea spesso l’osservatore s’interroga se sia o no arte ciò con cui è messo a confronto, non è raro che nel confrontarsi con alcune opere esposte l’utente dica o pensi “Lo potevo fare anche io” (citando Bonami). Alla domanda cosa sia l’arte contemporanea non c’è una risposta chiara, anzi si presenta oscura ed enigmatica.

Penso che questa sorta di “smarrimento” generalizzato insieme alla impossibilità di definizione del contemporaneo sia divenuto, paradossalmente, una caratteristica della definizione stessa del contemporaneo, come lo è anche il mondo/sistema dell’arte contemporanea legato come è al mercato dell’arte. Bisogna diffidare di ogni arte o letteratura che pretenda di far capire in modo univoco il nostro tempo. Quando parliamo di arte contemporanea alcuni storici (come Arthur Danto, filosofo e critico) tendono a collocare la sua nascita intorno al movimento della Pop Art, perché in questa espressione artistica si trova quanto di più vicino sia stato rappresentato e appartenente alla nostra realtà, attraverso l’utilizzo d’icone popolari e soggetti comuni. Altri studiosi collocano il fenomeno dell’arte contemporanea legandolo a un importante avvenimento storico: il crollo del muro di Berlino nel 1989, intendendolo anche come caduta di barriere e di definizioni tra le arti, contribuendo alla multidisciplinarietà e vivacità dell’arte.

Molti studiosi invece identificano nella figura di Marcel Duchamp, padre del dadaismo, l’anticipatore dell’arte contemporanea con i ready-made. Duchamp nel 1917 a New York, usando lo pseudonimo di R. Mutt, espose la sua famosa e provocatoria opera, dal titolo Fontana (un orinatoio rovesciato), divenuto il “simbolo” della nascita dell’arte contemporanea. I ready-made di Duchamp sono avvicinabili in parte agli intenti iconoclasti del movimento dadaista, le sue opere esplicitano che l’arte è potenzialmente tutto purché sia stato straniato dal suo ruolo nel quotidiano e inserito nel contesto estetico filosofico dell’arte stessa. La grande novità dell’iniziativa attivata da Duchamp è che l’attenzione non è più posta sull’oggetto, infatti, il valore dell’opera Fontana non va cercato nella sua materialità (oggetto orinatoio), ma nell’insieme di atti, immagini e discorsi attivati dall’artista.

Secondo il filosofo Jean-Luc Nancy, Duchamp compie un gesto di rottura con l’arte moderna: Duchamp con il termine “rendez-vous” definisce l’arte come un incontro che avviene fuori dal tempo cronologico, una sorta di appuntamento senza appuntamento, tra chi è chiamato artista e qualcosa che egli sceglie in un determinato istante, interpretandolo come una forma: l’orinatoio, la ruota di bicicletta, lo scolabottiglie, ecc. Credo che la domanda sull’arte contemporanea, per noi artisti possa essere espressa in termini diversi; ricordo quando ero una studentessa ed ebbi l’onore di frequentare il corso all’Accademia di Belle Arti di Brera tenuto da Federico Ferrari, sensibile filosofo e critico d'arte, che mi avvicinò al problema dell’arte da un’altra prospettiva; durante le sue lezioni ha chiesto di riflettere su questa domanda: “Cosa vuol dire per te fare arte oggi?”. Ho sempre pensato che il problema posto da Ferrari fosse molto importante per un’artista, non ho mai smesso di pensarci anche se sono trascorsi alcuni anni, trascinando con sé tutta una serie d’interrogativi nuovi. Il filosofo e critico d'arte Federico Ferrari nella sua introduzione al saggio Del contemporaneo, ci ricorda che dall’inizio della nostra vita fino alla morte, noi tutti siamo nel tempo. Ma non riusciamo a pensare all’esperienza di “essere nel tempo".

“Porsi fuori dal tempo è impresa non umana […] non si può che navigare a vista”.
(Del contemporaneo, a cura di Federico Ferrari)

Recentemente si è svolta a Milano la mostra RUOTANDO 2014 che proponeva un'interpretazione dell'arte contemporanea come rappresentazione di ciò che siamo noi, qui, oggi, un viaggio di conoscenza di sé e del mondo. La mostra, con cadenza annuale, era al secondo appuntamento di un ciclo iniziato a maggio 2013, dal titolo RUOTANDO giro in giro nell’Arte Contemporanea intesa come un viaggio di osservazione e riflessione fra realtà e messaggi diversi, attraverso le tante e significative opere di artisti contemporanei; viaggio di esplorazione che ha proposto nuovi impulsi e alcune risposte. Nel 2013 Vanna Mazei Presidente dall'associazione IMMAGINAZIONE-creatività, fecce la seguente osservazione: “Procediamo persi in una rotonda dove, RUOTANDO, cerchiamo una nuova via che ci conduca verso l’improbabile risposta alla domanda esistenziale; quale futuro per l'arte?” dal quesito nacque il ciclo di mostre. Proseguendo nel 2014 la riflessione si è giustamente allargata in questi termini: “Chi sono i viaggiatori, artisti o osservatori o fruitori d’arte, spersi nel viaggio dell’arte e della vita?” Di conseguenza: “Chi sono io, in questo mondo in cambiamento tanto veloce quanto enigmatico?”. “IO, QUI, OGGI” come in un gioco di specchi, ci rimanda l’immagine che ognuno ha di sé, degli altri, del mondo.

Le opere in mostra hanno presentato un interessante e significativo spaccato della varietà e poliedricità dell'arte oggi su cui tanti s’interrogano. Vanna Mazei ha affermato: “La mostra RUOTANDO 2014 ha aperto nuove esperienze e prospettive da approfondire e il giro in giro nell'arte contemporanea continua...". L'inaugurazione il 21 maggio 2014 ha visto una grande affluenza di pubblico; interessanti le presentazioni dei critici d'arte Cecilia Di Bona e Giorgio Gregorio Grasso. Per chi desidera approfondire è possibile avere ulteriori notizie, visionare la galleria fotografica e scaricare gratuitamente il catalogo digitale con tutte le opere in mostra sul sito www.immaginazione-creativita.it (alla voce eventi).

Il prossimo appuntamento è per l'8 Agosto.

 

Articolo di Solares Alejandrina pubblicato nel Wall Street International Magazine

http://wsimag.com/it/arte/9635-lesperienza-estetica-della-scrittura

L'esperienza estetica della scrittura

Parole fatte per essere viste

Le parole e le immagini nascono entrambe dal gesto fluttuante della mano. Nello scorrere su una superficie la mano lascia dei segni, che sono traccia d’idee e memoria di un passaggio. La scrittura è anche desiderio di registrazione e necessità di memoria. Il linguaggio ha un’energia che si sprigiona in molte direzioni, le lettere oltre ad avere un senso e un suono legato alle convenzioni linguistiche, sono anche segni tracciati sul foglio; per questo motivo oltre al significato semantico che possiedono, sono leggibili anche come immagini.

Fare arte con le parole ha del magico, lo avevano compreso gli artisti del passato. Questo gesto antico affonda le sue radici nella storia dell’arte. Quando s’iniziò a incorporare la scrittura nella pittura il fenomeno ebbe un carattere “religioso”, anche se successivamente perse questa connotazione sacra e si continuò con la pratica, giunta fino nella nostra contemporaneità.

In principio la scrittura (presente in molte opere d’arte antica) spesso si rivolgeva a un utente che non sapeva leggere: fare arte con le parole significava quindi sfruttare il potenziale visivo dei testi scritti, lettere e parole assumevano in queste opere una forza magica, sono infatti innumerevoli le opere del passato dove i caratteri sono disposti a formare immagini e architetture di lettere. La scrittura dunque fungeva anche da elemento decorativo. Nel caso della scrittura araba, nell’arte dell’Occidente, è possibile trovarla impiegata come motivo ornamentale in testimonianze che risalgono ai tempi di Giotto. I miniatori medievali avevano compreso che le parole sono fatte anche per essere viste, trasformavano ad esempio il capolettera in un’opera d’arte figurativa utilizzando forme geometriche e motivi ornamentali; questi testi oltre al loro contenuto letterario si prestano tuttora a essere osservati per le loro caratteristiche estetiche.

A ritroso nel tempo, tre secoli prima di Cristo nella Grecia ellenistica, abbiamo la testimonianza delle “poesie figurate”, ad esempio nei componimenti del poeta Simmia di Rodi, che creava opere paragonabili ai calligrammi di Guillaume Apollinaire e alla successiva «poesia visiva». Tra i soggetti raffigurati possiamo ammirare un’ascia e delle ali, e altre testimonianze come la siringa (flauto di Pan) opera del poeta Teocrito. I latini chiameranno queste composizioni carmina figurata: un esempio è l’opera di Rabano Mauro (780-856 d. C).

Durante tutto il Medioevo e il Rinascimento si continueranno a creare componimenti poetici che graficamente si dispongono per creare svariate forme di oggetti. Di fatto non si smette mai di comporre “poesie figurate”, con modalità e finalità diverse secondo le epoche. Nel 1872 Arthur Rimbaud nella sua poesia intitolata Vocali associa in una sola immagine o definizione elementi tratti da campi sensoriali differenti (sinestesia). Il poeta associa nello stesso tempo un suono, un colore e una forma grafica a una vocale (la A è nera, la E è bianca... ); le parole, più che per il loro significato, sono usate perché stimolano l'udito e la vista, evocando una serie di immagini che rinviano ad altre che sorgono misteriosamente per processi inconsci, e diventano simboli di altrettanti stati d’animo. Le lettere e le parole magiche sono una realtà nel mistero, come forse avveniva all’alba dell’umanità, quando ancora le parole non erano caricate del loro valore logico. Rimbaud scegliendo di non motivare le relazioni tra parole ed evocazioni sonore e visive, in un processo personale e magico, ritrova una dimensione originaria delle parole dimenticata da quando gli alfabeti trionfarono sui geroglifici e la scrittura perse parte della sua efficacia visuale.

A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali,
io dirò un giorno i vostri ascosi nascimenti:
A, nero vello al corpo delle mosche lucenti
che ronzano al di sopra dei crudeli fetori,

golfi d'ombra; E, candori di vapori e di tende,
lance di ghiaccio, bianchi re, brividi di umbelle;
I, porpore, rigurgito di sangue, labbra belle
Che ridono di collera, di ebbrezze penitenti;

U, cicli, vibrazioni sacre dei mari verdi,
quiete di bestie ai campi, e quiete di ampie rughe
che l'alchimia imprime alle fronti studiose.

O, la suprema Tromba piena di stridi strani, silenzi attraversati dagli Angeli e dai Mondi:
- O, l'Omega, ed il raggio violetto dei Suoi Occhi!

Arthur Rimbaud (1854-1891), Vocali (1874).

L’eredità poetica di Rimbaud fu presto raccolta. Nel ventesimo secolo il potenziale visivo dei testi scritti si realizza attraverso i calligrammi e la poesia visuale. Gli artisti, mettendo in atto una sapiente disposizione delle lettere e delle parole, danno forma a una composizione figurativa che porta alla realizzazione di innovative opere d’arte. Il poeta Guillaume Apollinaire fu un importante autore di calligrammi: nella sua opera trattava i testi poetici distribuendoli in modo da creare un’immagine che era legata allo stesso contenuto scritto.

Questo passaggio contribuì alla nascita di altre forme di testi visivi, “le parole in libertà”; artisti come il poeta futurista Filippo Tommaso Marinetti e Fortunato Depero indagarono e svilupparono anche un altro importante potenziale visivo dei testi scritti: il loro suono, che iniziarono a raffigurare attraverso lettere e parole scritte con una grafica nuova. Nei loro componimenti le parole evocano rumori, boati, rombi: le parole non hanno più un significato vero e proprio ma acquistano “voce”.

Durante il periodo delle avanguardie del Novecento molti artisti hanno sviluppato ulteriormente i rapporti che intercorrono tra la scrittura e l’immagine, che nelle varie correnti artistiche sono stati oggetto di indagini e sperimentazioni attraverso mezzi espressivi diversi, un esempio sono i collage cubisti e futuristi, alcuni artisti dell’Unione Sovietica che accolsero le parole libere e inventarono un linguaggio che contaminava parole e immagini, i dadaisti, i surrealisti come il pittore René Magritte che realizzò opere dove comparivano testi, parole e lettere: nella sua famosa opera Questa non è una pipa l’autore (sotto la raffigurazione di una pipa) scrisse negando l’oggetto che compariva raffigurato nel quadro. Magritte dedicò anche un saggio teorico a quest’argomento, Les mots et les images; altri importanti contributi si trovano nell’opera di Duchamp e nella pop art.

Un momento centrale nella vicenda della parola avvenne con le varie correnti concettuali degli anni Sessanta. In questo periodo si iniziò una riflessione sul potere visivo ed espressivo del linguaggio come nuovo medium del fare artistico. Con l’arte concettuale si analizzarono visivamente le problematiche che sono connesse all’utilizzo del linguaggio. Durante questo tempo si ha l’impressione che si sposti l’attenzione dall’arte al linguaggio a causa dell’ampio uso del linguaggio verbale nelle arti. Molti artisti svilupparono opere in cui indagavano e sperimentavano, anche attraverso l’uso dei nuovi media tecnologici, tale tematica; tra questi le opere al neon di Mario Merz, le combinazioni di parole operate da Alighiero Boetti, le parole cancellate di Emilio Isgrò.

L’indagine sulla parola coinvolse importanti protagonisti dell’arte come Joseph Kosuth che nel 1965, realizza l’opera One and Three Chairs (Una e tre sedie), che comprende una vera sedia, una sua riproduzione fotografica e un pannello su cui è stampata la definizione da dizionario della parola “sedia”. L’artista crea in quest’opera un’affermazione tautologica, perché è letteralmente ciò che è affermato sia: Joseph Kosuth intenzionalmente desidera richiamare il fruitore a meditare sulla relazione tra immagine e parola; altri artisti che hanno portano avanti queste tematiche sono Pier Paolo Calzolari, Joseph Beuys, Lawrence Weiner e i vari esponenti di Fluxus.

In questo periodo ci s’iniziò anche a liberare dalla repressione della griglia tipografica; le opere, potendo convertirsi in espressione sonora, presero anche altre forme, grazie alla videoripresa. La parola “acquistò” colore e movimento mediante l’uso di led luminosi e della produzione video, in altre occasioni sembra essersi come smaterializzata, mutata, sonorizzata, e dilatata si unisce alla musica. Le indagini sulla parola hanno spinto, a volte, gli artisti verso il recupero di una forma di prescrittura o una specie di parola originaria, dove comunque resta spazio per frammenti di poesia o per suoni che giungono dal profondo.

Oggi la ricerca di un nuovo linguaggio che coinvolga la parola scritta si unisce a un’inedita realtà del mondo che appare tendenzialmente dominato dall’immagine visiva; in contemporanea si assiste anche a un progressivo e prorompente aumento dell'oralità, abbondantemente adottata anche grazie all'uso del video, delle tecnologie informatiche e dei progetti per il web.

Nella lunga storia che coinvolge la scrittura e l’immagine mi sembra che sia avvenuto un passaggio; prima la scrittura era indirizzata soprattutto a finalità teoriche o ideologiche, poi l'adozione di una parola scritta poetica e figurativa ha aperto la strada al potenziale visivo insito nelle lettere e i grafemi: questo passaggio è in linea con l’evoluzione avvenuta nel linguaggio e la comunicazione. Credo che uno stimolo forte al processo sia avvenuto grazie all’ampia diffusione dei testi scritti avviatasi con l'evoluzione dei mezzi di stampa e il vasto utilizzo dalla grafica pubblicitaria, il tutto mediato dalla possibilità d’uso di nuove tecnologie e della loro potenziale applicazione nelle arti.

 

 

Articolo di Solares Alejandrina pubblicato nel Wall Street International Magazine

http://wsimag.com/it/art/9021-mail-art

 

Mail Art

Arte postale coscienza di un abbraccio universale

Arte comunicata, arte donata, un gesto di generosità, un’opera d’arte è sempre grande al di là delle sue dimensioni. La Mail Art implica “un’armonia con il mondo esterno, l’amicizia con le altre persone, la comprensione della loro umanità, l’accettazione del mondo e una profonda gratitudine nei confronti dell’intero universo …” citando il filosofo belga Guy Bleus (1).

Quest’arte vuole raggiungerci, condividere, stabilire contatti, comunicare pensieri, programmi, progetti, a volte è desiderio ludico oppure vuole provocare e denunciare. L’arte che viaggia per posta è un contenitore sensibile d’idee innovative. La Mail Art è un movimento artistico fondato sullo scambio; nacque inizialmente basandosi sull’utilizzo del sistema postale. Dagli anni '50 ad oggi, si è evoluta adattandosi ai nuovi media di trasporto e comunicazione. Gli artisti usano svariati mezzi per scambiarsi arte tra di loro, come posta, telegrafo, telex, fax, telefono, computer, ecc. Padre riconosciuto della Mail Art è Ray Johnson che a sua volta fu influenzato da gruppi precedenti come il Futurismo con i collaggi postali di Ivo Pannaggi (1920), i Dadaisti e i contemporanei del gruppo Fluxus di cui la Mail Art inizialmente faceva parte. Nel 1962 Ray Johnson dopo aver inviato per posta le sue opere-messaggio in tutto il mondo fonda la New York Correspondance School of Art, “come in una danza”, una scuola virtuale dove gli studenti simbolicamente sono i corrispondenti. Ben presto si forma una rete artistica internazionale dove ognuno cerca di sviluppare un proprio linguaggio utilizzando differenti media, come francobolli, buste, timbri, adesivi, ecc. Precedenti tracce di arte postale realizzata da Ray Johnson, si possono ritrovare già agli inizi degli anni '40.

La prima mostra di Mail Art ebbe luogo al Whitney Museum di New York nel 1970, da allora, innumerevoli si sono susseguite nel mondo intero, in sedi prestigiose ma anche nei luoghi più impensabili, come abitazioni private e uffici. La caratteristica più importante della Mail Art è la comunicazione, infatti, tende per natura a instaurare un dialogo. Le opere possono essere realizzate in forme diverse come francobolli d’artista, cartoline, buste, copy-art, video arte e audio arte, libri d’artista, fotografia e giornali. Per la grafica e i collage, il formato di un foglio A4 è quello più utilizzato dagli artisti, facile da spedire, poco ingombrante e più sicuro. Un’opera di Mail Art può essere stampata o fatta a mano e si possono utilizzare materiali e tecniche diverse, si può inviare integralmente o in parte.

Per Mail Art s’intende un'opera realizzata con qualsiasi tecnica, senza limite di dimensioni se non quelle “postabili”. MAIL= POSTA / ART=ARTE, arte che viaggia per posta. Dal punto di vista economico la Mail Art, (arte dell’interscambio o arte – scambio, arte per posta) non ha finalità commerciali, è un circuito artistico internazionale multimediale, che opera al di fuori dei canali tradizionali dell’arte. Gli artisti postali superando la triade (galleria-critico-mercante), diffondono la loro arte non attraverso i canali ufficiali, ma attraverso una rete globale "alternativa". L’arte postale mette l’accento su un metodo di scambio primitivo quello del “baratto”, rigettando quello classico e consolidato del "denaro". Per questa sua specificità, l’arte postale è considerata “idealista”. Tra gli artisti che operano in questo settore, esiste un tacito patto, l’informazione deve essere reciproca. Essendo soprattutto concettuale e idealista, mi piace pensare che sia l’arte dell’urgenza e del rischio, aperta alla sperimentazione, un’arte che combina tradizione e modernità. Penso che parte del suo fascino derivi dal suo essere effimero e precario, tendenzialmente anarchica e liberatoria, che la colloca fuori dall’arte ufficiale e dal mercato.

La Mail Art ha caratterizzato il XX secolo, oggi interessa le università, i musei, le istituzioni, i comuni, è un’esperienza d’arte comportamentale, ma anche "luogo d’incontro" tra artisti di diverse classi sociali, culture lontane, fasce di età differenti e varie ideologie. E' un network internazionale al quale aderiscono artisti di tutto il mondo, che attraverso essa superano le barriere ideologiche, socio-culturali e geografiche. Quando parliamo di arte postale, dobbiamo pensare a una “rete” o “a mail art network ” non organizzata dove ogni artista ha una sua propria mailing list che con il tempo e attraverso gli scambi va a incrociarsi con quella di altri artisti formando così tutti insieme, un “abbraccio globale”, il circuito internazionale della Mail Art. Questa forma d'arte può essere considerata come ciò che unifica ed elogia “la diversità” offrendosi come opportunità per una grande comunità, dove l’artista preserva la propria identità e individualità pur facendo parte di un movimento internazionale; inoltre, contribuirà al superamento dell'isolamento e dell'alienazione che spesso affligge l’artista, infonderà quell'emozione unica e sconvolgente di lavorare con migliaia di artisti, per un’esperienza e una sensazione propria all'evoluzione dell'arte.

I progetti possono essere ludici, sociali, politici e di attualità. La maggior parte di quelli che circolano nel mondo è dedicata a temi come la pace, i diritti umani, la lotta contro i soprusi. Sono tutti progetti che viaggiano per posta, dignitosi e discreti. Attraverso la Mail Art, gli artisti aderiscono a progetti internazionali a tema, svincolati da mode e concetti pre-costituiti ma anche senza condizionamenti di critica e di mercato, in totale libertà tecnica ed espressività. La parte più affascinante, a parte la gratuità e il non pretendere una risposta, è la volontà di comunicare i propri pensieri, le proprie idee, le proprie emozioni, le proprie paure e gioie con amici e sconosciuti dell’intero pianeta. E' un grande insegnamento di democrazia, tutti possono partecipare e tutte le opere sono esposte.

La Biennale di Londra 2014 fa della Mail Art una protagonista. Pollination è il termine per definire tutti quegli eventi che si svolgono in altre parti del globo contemporaneamente all’evento "impollinant" che è la London Art Biennale, il cui fondatore e direttore è David Medalla. Pollination racchiude svariati progetti e si protrarrà fino all'1 luglio, termine di chiusura della stessa. La sede è in Soho Square a Londra, luogo di raduno per i LBA (London Biennale Artists) e tutti gli artisti che vi hanno aderito. Per l’inaugurazione, i partecipanti si sono presentati muniti di matite, penne, fogli da disegno, cineprese e macchine fotografiche per celebrare e documentare l'evento, e per tutta la durata saranno presentati eventi, conferenze e dibattiti sull’arte, la Mail Art e gli obiettivi della London Art Biennale, tra i quali Do it yourself, free art festival. Mappe, labirinti e misteri, sono temi interconnessi alla manifestazione.

Particolare interesse ha destato il progetto Pollination in Belgio, organizzato da Manifesto Brut e curato da Rino Telaro e Michaël Beauvent, in collaborazione con il centro letterario e artistico Acrodacrolivres di Bou Bounoider. “La non discriminazione è propria della Mail Art, principio che si riscontra anche nel Manifesto Brut insieme ai principi di libertà, di condivisione, di collaborazione, di universalità, di diffusione dell’informazione e della comunicazione. Il Manifesto Brut è un movimento fuori sistema, alternativo al mondo dell'arte e al suo mercato attuale”. Le opere di circa settanta artisti internazionali con più di centocinquanta opere hanno dato vita a questo particolare evento che è iniziato l'1 maggio nei locali di Acrodacrolivres, a Tilly (Villers-la-Ville), Belgio, e terminerà l'1 luglio 2014.

L’esposizione Murales per studio.ra – Pollination, curata da Raffaella Losapio, racchiude un evento di Mail Art che ha impiegato la rete e i media, dove gli artisti sono stati invitati a partecipare a un ipotetico “Murales”, un’installazione site specific di Street Art collettiva itinerante (dipinto, graffito o testo) posizionato sull’impalcatura della palazzina dove risiede studio.ra. La risultante documentazione è stata raccolta in un cd rom, ed è stata discussa e proiettata il 6 marzo 2014 sui muri interni dello studio.ra a Roma, divenendo l'1 maggio un’iniziativa di Pollination London Biennale 2014. Il 6-7 giugno 2014, i “Murales per studio.ra”, saranno visibili a Londra negli spazi di Euroart Studios e in contemporanea presso lo studio.ra a Roma saranno presenti gli artisti indipendenti di Euroart Studios di Londra. Il cd contenente traccia dell’evento è conservato in archivio, in attesa di nuovi sviluppi. La documentazione è disponibile sul sito www.1fmediaproject.net

Per maggiori informazioni:
https://www.facebook.com/pages/London-Biennale/724512040911236
http://www.manifestobrut.org/exhibitions/category/6-london-biennale
http://acrodacrolivres.be/exposition-mail-art-pollination/

 

 

Articolo di Solares Alejandrina pubblicato nel Wall Street International Magazine

http://wsimag.com/it/art/8495-il-libro-dartista-e-gli-spazi-alternativi-per-larte

 

Il libro d'artista e gli spazi alternativi per l'arte

Al di là delle categorie

 

Il libro d'artista è un oggetto misterioso. Il libro d’artista è un oggetto sfuggente, il tentativo di classificarlo spesso è fallimentare, perché non si fa imbrigliare in categorie precostituite e imprigionare in griglie estetiche rigide.

Quando ci confrontiamo con queste opere notiamo subito come molti degli originali elementi distintivi siano andati “persi, trasgrediti o intenzionalmente offuscati”. I libri d’artista accompagnano e registrano le continue trasformazioni del pensare e delle poetiche degli artisti. Questi libri rivelano una loro dimensione fisica che supera la superficie dei normali supporti. Gli artisti sostituiscono a volte il testo scritto con materiali come vetro, gesso, tessuti, carte, cartoni, gomma, ferro, legno, ecc., e mettono in discussione la scrittura a favore di elementi differenti e di un nuovo comportamento estetico: la materia assume messaggi ricchi di contenuti e significati, anche in assenza delle parole. Alla parola scritta subentra l’arte verbo visuale, che talvolta assume il linguaggio della poesia visiva dove gli artisti pongono in relazione la parola, i testi, l’immagine e l’oggetto. Altri artisti invece lavorano sulla forma dell’oggetto-libro e la reinventano: tramite la sua nuova forma il libro riesce a instaurare un “dialogo” con il suo fruitore.

La storia dei libri d’artista viaggia per vie parallele alla storia dell’arte. Anche se già in epoca medievale abbiamo esempi di libri di grande pregio elaborati e realizzati manualmente, sarà solo successivamente, con il lavoro dell’artista inglese William Blake (morto nel 1827) che si avrà un primo inedito impulso al libro d’artista. L’opera di Blake è scritta, illustrata, colorata, stampata e rilegata da lui stesso e da sua moglie Catherine, un lavoro che non ha diretti precedenti e rappresenta il primo nuovo impulso verso opere successive che avranno la forma di “libri d’artista”, che evolveranno per essere autoeditati e autodistribuiti dagli stessi creatori.

All'inizio del Novecento la stampa inizia a dominare grazie alla sua ampia diffusione, e molti artisti inizieranno a utilizzare come mezzo artistico libri, opuscoli, manifesti e cartelloni; in questo atteggiamento nuovo possiamo forse cogliere una precoce attenzione verso spazi “altri” situati fuori dai sistemi tradizionali di esposizione galleristica e museale, e i nuovi media sono usati dagli artisti per diffondere idee presso chi non frequenta gallerie d'arte e per creare opere economicamente convenienti. Sarà solo dopo, con la nascita del Futurismo italiano e della sua diffusione, che prenderà il via una produzione ricca e innovativa di libri e opuscoli; in tutta Europa si diffondono le “parole in libertà”, le pagine verbo-visuali e le pagine-libro oggetto”. Specialmente in Russia, molti artisti producono libri sperimentali con forme, materiali, contenuti e strutture innovativi, che troveranno continuità anche nel periodo del Costruttivismo. In Italia Filippo Tommaso Marinetti nel 1922 teorizza sia la forma che il contenuto di un libro oggetto d’arte; Fortunato Depero fu tra i primi artisti futuristi a creare libri d’artista, e nel 1927 progetta la monografia Depero futurista, nota soprattutto con il nome di Libro bullonato, perché era tenuto insieme da due grossi bulloni meccanici in alluminio. Questo è il primo esempio di libro-oggetto; la pubblicazione era costituita di 234 pagine, con copertina fustellata e caratterizzata da un'impaginazione varia, con foto, testi e scritte allineati in modi diversi, e pagine di differente grammatura e colore. L'esperienza futurista ha un impatto anche nelle altre avanguardie europee, come testimoniato dai numerosi libri stampati in quel periodo; successivamente con il Dadaismo e il Surrealismo si consolidano esperienze di collage. Celebre è la copertina tattile di Marcel Duchamp per Le Surréalisme (1947), in cui l'artista crea un seno tridimensionale di gomma rosa; da questi premesse il libro d’artista si avvierà verso nuove e inedite potenzialità tattili e sonore.

Dopo la Seconda guerra mondiale il libro d’artista continua ad avere un suo ruolo importante nell’arte sia come diffusore di idee che come settore sperimentale. Dieter Roth è stato il primo artista che ha utilizzato per le sue opere libri e fumetti usati; lui ed Edward Ruscha producono una serie di libri che ne decostruiscono la forma e aprono la strada a esperienze nuove. Twentysix Gasoline Stations è il libro d’artista realizzato da Ruscha, che utilizzò la fotografia per costruire un libro seguendo una tendenza propria di quegli anni, cioè girando in automobile e registrando attraverso l’occhio fotografico 26 stazioni di servizio, dalla sua abitazione a Los Angeles fino a Oklahoma, dove abitavano i genitori. Con le fotografie scattate crea un libretto di piccolo formato e abbastanza semplice, la copertina ha una veste grafica originale ma essenziale; inizialmente lo fece stampare da un tipografo in 400 copie, ma si accorse che l’opera tirata in un modesto numero di esemplari assumeva un’aura di preziosità che lo avrebbe apparentato alla storia precedente del libro (livre d’autor), e per porre rimedio lo fece ristampare in 3000 copie; Ruscha desiderava presentare la sua opera d'arte a un alto numero di persone e al costo di un dollaro e mezzo. Qualche anno dopo Ruscha pubblicò una collana dal titolo Nine Swimming Pools, in cui si può notare il suo interesse per “l’oggetto libro”; questo lavoro è caratterizzato per due terzi da pagine bianche, il resto sono fotografie stampate, ed è evidente il disinteresse dell’artista per il libro inteso come “bello e ben stampato”. Pare che in un'intervista, alla domanda sul perché non si occupasse di scultura, Ruscha abbia risposto che le sue sculture erano i suoi libri. L'artista scelse di distribuire queste edizioni originali tralasciando completamente i mezzi tradizionali di diffusione solitamente usati dal mondo dell'arte.

Negli anni Sessanta e Settanta proliferano i libri d’artisti attraverso il movimento Fluxus; molti artisti creano opere dove il libro è destrutturato e smaterializzato, nasce il libro "illeggibile". Il libro d’artista sarà centrale nell’Arte Concettuale: la mostra January 5-31, 1969 è organizzata in un ufficio di New York, e le opere esposte sono pile di libri d’artista. Prende vita un’alternativa alle gallerie e alle strutture museali altrimenti negate a forme sperimentali. In questo periodo il libro, subisce altre alterazioni e l’attenzione si sposta sempre più verso scatole, teche e contenitori. In Italia Emilio Isgrò realizzò libri d’artista negli anni Sessanta “cancellando” alcune parole o intere righe con forti tratti neri, rendendo quasi illeggibile il testo originale dello scrittore-autore; in queste opere concettuali l’artista opera una letterale destrutturazione dei libri “originali” in vista della ricerca di un “nuovo o diverso senso”' a una stessa opera.

Un esempio di "libro illeggibile" è l’opera di Piero Manzoni The life and the works del 1962, un libro di solo pagine bianche. Attualmente il libro d'artista è stato rapportato all’Arte Postale (che nacque proprio negli anni Sessanta), io credo che questa parentela sia in relazione al carattere proprio della mail art che si pone anche come luogo alternativo ai consueti luoghi dell’arte. Oggi gli artisti contemporanei e postconcettuali continuano a creare libri d'artista, la loro produzione si è intensificata, e le opere subiscono la fascinazione dei nuovi media, ad esempio possiamo trovare "CD-ROM d’artista" e "DVD-ROM d’artista" (Laurie Anderson li ha definiti “Album discografici d’artista”). La tecnologia diversa costituisce una potenzialità poetica diversa, anche se molte persone diffidano ancora dell’ebook, sia perché preferiscono toccare il libro sia per un certo feticismo legato al libro in sé. Purtroppo un grosso problema che si riscontra quando si visita una mostra di libri d’artista, è quello della fruizione, spesso non è possibile sfogliare i libri pagina per pagina e goderseli nella loro totalità...

 

 

Articolo di Solares Alejandrina pubblicato nel Wall Street International Magazine

http://wsimag.com/it/art/7254-ritratto-e-autoritratto-interiore

 

Ritratto e autoritratto interiore

Un'indagine sui moti dell'anima

Il ritratto insieme all’autoritratto è uno dei temi più fortunati della storia del’arte, l‘arte che con il suo potere di “simulare” riesce a riprodurre e mantenere in vita i suoi soggetti. L’arte ha il potere non solo di riprodurre ma anche di conservare, un aspetto noto è che attraverso il ritratto la fisiognomia e la interiorità del soggetto possono essere tenute in vita. Quando si eseguiva un ritratto nell’antichità, era posta grandissima attenzione soprattutto allo sguardo, gli occhi erano considerati le finestre dell’anima.

Il ritratto, come l'autoritratto, è uno strumento d’indagine interiore che grazie alle capacità dell’artista può commuovere e donare vita: si credeva e tutt'oggi si pensa, che gli occhi possano svelare l’anima dell’effigiato allo sguardo dell’osservatore attento. I ritratti dei Fayum sono tra gli esempi più alti e raffinati arrivati sino a noi dall’antichità, dove l’aspetto fisico e i segni esteriori erano utilizzati con maestria per indicare il ruolo sociale. Il ritratto aveva una sua importanza sia durante la vita dei soggetti che da defunti, infatti era portato in processione e contribuiva a mantenere la loro importanza sia a livello sociale e politico che religioso, e poteva essere considerato un sostituto del corpo, potendo accogliere persino l'anima dell’effigiato in alcune cerimonie.

Dal Cinquecento in poi il ritratto si arricchisce dei palpiti dell’anima con autori come Lotto e Tiziano: saranno loro i grandiosi interpreti di “ritratti interiori”, nelle cui opere si trovano veri e propri ritratti psicologici. Ma il secolo che si concentra e affina un’inedita indagine sulla profondità della psiche e sugli stadi emozionali dell’uomo è il Novecento: in questo periodo affiorano incubi e sogni, che vanno a coincidere con una ricerca dell’identità; l'uomo tenta di ricomporre i frammenti dell’essere nella mutata società moderna, e da questa epoca in poi sembra essere più forte il senso di solitudine e ancora più devastante il male di vivere. Da questo nuovo sentire comune nasce un’arte innovatrice di cui è un valido esempio l’opera di Vang Gogh, dove compaiono veri e propri ritratti psicologici.

Per tutto il Ventesimo secolo si continuerà nella indagine dei moti dell’anima e degli stati emotivi connotati da una progressiva perdita di fiducia verso i valori religiosi, sociali e politici; c’è uno scardinamento che rende visibile e dunque conscia la paura del nulla, l'artista cerca di dare ragione o sente l’urgenza di rendere consapevole di una mutata condizione l’umanità o di trovare lui stesso una sua via (salvifica).

 

Articolo di Solares Alejandrina pubblicato nel Wall Street International Magazine

http://wsimag.com/art/6505-balloonhandwritting-blue

BalloonHandwritting blue

A design metapainting

Solares creates a work where appears the simultaneous presence of writing and image, both on a single surface. Also this work evokes the impression and the reminiscence of graffiti and inscriptions, as in the epigraphs.

Calligraphic signs are interwoven with images, both have a value of occult symbols or arcane textual fragments; the image appears as a tangle or weave, but it could also be read as a tissue or series of channels/filaments. The only function of this artistic choice is to reveal a capacity of travalicare its meanings, more obvious and easily usable for showing and analysis the mental dimension. The reason is the crossboard and interactive nature of mental dimension between the world of the signs (such as the writing) and the concrete, ordinary and sometime confused daily world. Between this two poles the artist has created its own language and semantic, through a new personal code that looks like a real puzzle to be decipher, but which is capable of showing a true cosmogony; the center of which is the relationship between life and death.

From this landscape the work balloonhandwritting v1 is based on a magic writing that aspires to place the viewer in front of the importance of his being here and now (hic et nunc). The artist reflects about the precariousness of life, she sees and conceive the death as a: “equal to the event of being born"; but unfortunately this vision is a taboo in our contemporary daily times. In the work the phrase "I will die" appears with forms obsessive and repetitive. This artistic solution give us the impression that the only way for the artist to soothe the anguish of our life with clarity and a valid gnostic framework; expecially in comparison with the life in itself, in its proceeding and in its processes. This impression is pledged by the “act in its application”, namely the act as an art. It consist in the act of making where and when the mode of the written sentence repeatedly assumes the function of a "sort of meditation” and, in the meanwhile, a "sort of anesthesia”.

Conceptually this work is related with the long chain of experiences that we find in history under the definition of mementos mori. This sentence, in Italian language, flows across the surface of the canvas and creates a sort of cartography of signs. The linear appearance of the words, along with the blue monotone images, are combined in a game between full and empty, by removing from the point of views of the reader/viewer any easy landmarks to grip and anchor an immediate and trivial interpretation (or misinterpretation). Solares in balloonhandwritting v1, as evidenced also in her previous works, is committed to experiment with different forms of expression, deepening the study of the technique and the ability to create a cross-contamination of processes and procedure, resulting in hybrid and innovative works.

In the last period the artist has developed his own personal painting technique that involves his body; in this way his physical presence becomes part of the physical realization of her works. This embodied solution takes the advantage of use her body (forms, weight and dynamics) used to transfer the artistic idea, will and act inside the physical support of the work: "as if it were impressed". Through this modus operandi Solares creates a special and recognizable pictorial sign that develops through a rigorous monochrome blue. The result of this hybrid painting experience is to be understood as a design metapainting (like a metalanguage), but that always appears on the canvas in a inverted mode; this characteristic is present in all her works.

Work’s features
(Why blue?)
Blue is a specific color choice and it is the characterizing part of the poetics of Solares, that alludes to the conceptualization and use of colors like interiors stripes used to interpret and to encode, at the artistic level, our inner life and its mysteries. Another feature of the work of Solares is the physical support used to realize the work; this support is formally assumed to appear as a sheet. His works has another third feature, this consist to show the absence of frames and chassis. This last feature is paired with the production of the work in itself: the immediate, direct and physical (boby) painting onto the canvas; without any preparation. In general Solares’s works are conceived to be rolled or folded, very easy to put inside your suitcase: very near to our daily life and also for the exportation of the art exhibitions. In fact one artist, with his works in a suitcase, can reach his destination and just ready to exhibit his works; and then again, after a while, to reach another destination. As a modern messenger of visual arts.

 

 

 

 

 

 

 

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ven

15

feb

2013

TECNICA PITTORICA IBRIDA

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Solares Alejandrina

Jarabacoa, Repubblica Dominicana 1973